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“L'esperienza è ciò che ottieni quando non hai ottenuto ciò che volevi.”

RANDY PAUSCH ("L'ultima Lezione")




 

Finalmente ci siamo…ecco il primo racconto della mia esperienza negli Stati Uniti d’America.

Sono arrivata negli Stati Uniti dall’ Argentina l’8 agosto 2001 (sì, quasi 20 anni fa) ed era venuta a prendermi all’aeroporto la mia allenatrice Pat Kendrick, una persona fantastica, che con gli anni è diventata più che un’amica, una zia. Mi ha accompagnato subito a casa di una delle atlete della squadra, Natalia Torres-Tirado, originaria del Porto Rico e che era l’unica altra giocatrice che, come me, era di madrelingua spagnola. Siccome i dorms del campus (alloggi) non erano ancora disponibili perché le lezioni sarebbero iniziate a settembre (ma noi pallavolisti arrivavamo i primi di agosto per la preparazione sportiva), rimasi a casa di Natalia per alcuni giorni per ambientarmi nella mia nuova vita da studente-atleta.

Una volta superata la prima fase di avvio e già spostata negli alloggi universitari, cominciarono anche le lezioni universitarie oltre al campionato sportivo, tutto quanto in meno di un mese! Una mattina, al rientro dalla mia lezione delle 7.00 del mattino di economia trovai nella segreteria telefonica della stanza (non c’erano ancora i cellulari) un messaggio di mio padre che mi chiedeva di richiamarlo al più presto perché era molto preoccupato. Lo chiamai subito e lui con un sospiro di sollievo mi chiese di accendere la TV: vidi le telecamere di tutti i telegiornali puntate al World Trade Center con l’immagine devastante di un aereo incollato ad una delle torri e subito dopo il crollo totale delle famose “Torri Gemelle”. La preoccupazione maggiore di mio padre era invece dovuta al fatto che un altro aereo andato fuori rotta era finito al Pentagono che si trovava a circa 30 minuti dalla mia università e dall’ Argentina, la distanza sembrava fosse dietro l’angolo. Per noi invece, nel campus della George Mason University, la mattinata proseguiva normalmente.

Era già un inizio di percorso agitato, ma i problemi non finirono lì... arrivato ottobre 2001 iniziò una crisi economica enorme in Argentina che portò al famoso “Corralito” a dicembre e ad una svalutazione talmente alta del peso argentino da spingere il Paese ad abbandonare la parità col dollaro (che era rimasta in vigore per 10 anni) a partire dal 9 gennaio 2002. Per darvi un’idea più concreta, alla mia partenza nel 2001 un dollaro USA valeva un peso (ARS), nel 2002 in media valeva 3,11 pesos cioè una svalutazione del 211% (duecentoundici!) del peso. Questo significò dei problemi concreti anche per me e la mia famiglia che non poteva più affrontare il pagamento di un volo di rientro, oppure di un aiuto consistente nella mia gestione personale economica.

A quel punto iniziai a cercare le prime soluzioni e mi rivolsi al dipartimento atletico per trovare un lavoro dentro il campus che mi permettesse di pagare le mie spese di tutti i giorni e magari risparmiare un po’ per pagare un biglietto di rientro in Argentina. Purtroppo, nonostante tutta la mia buona volontà e il visto da studente che mi autorizzava a lavorare fino a 20 ore a settimana dentro il campus, scoprii che la borsa di studio a copertura totale che mi era stata assegnata aveva una clausola della NCAA (la lega sportiva di appartenenza della mia Università) che non permetteva agli studenti-atleti al primo anno (freshman) con borse di studio totali, di lavorare. Ritenevano che già essere uno studente-atleta e studiare sarebbe stato abbastanza impegnativo per aggiungere anche un lavoro, considerando che era un momento di adattamento molto delicato. Io però avevo già dimostrato durante il primo semestre di poter essere una studentessa sopra la media e allo stesso tempo di poter dare un contributo importante alla squadra di pallavolo, riuscendo a portare avanti entrambe le cose senza problemi; non accettai la loro risposta negativa e decisi di fare appello a questa disposizione. Con l’aiuto di Sue Collins (a capo dell’ufficio di Compliance che era il nesso tra l’università e la NCAA, la lega sportiva), compilai una serie di moduli spiegando la mia situazione particolare in modo approfondito e chiedendo di ottenere un’eccezione.

Purtroppo, il mio appello fu rigettato, ma il dipartimento atletico, tramite lo student-athlete fund, mi assegnò dei soldi per poter comprare abiti e altri oggetti di prima necessità (il vitto e l’alloggio erano coperti dalla mia borsa di studio sportiva) e perciò fui accompagnata da Nina Rogers (direttrice del dipartimento degli studenti-atleti) al centro commerciale dove, dopo avermi detto che avevo $250 dollari da spendere, mi aiutò a fare scelte sagge e pagò tutte le mie compere.

Gli aiuti non finirono lì, la famiglia della mia compagna di stanza, Katie Gaudreault, fu sempre molto presente e mi aiutarono tantissimo durante quel periodo buio invitandomi spesso a casa loro durante i weekend liberi e per le varie festività come il Thanksgiving (Festa del Ringraziamento) e Easter (Pasqua). Inoltre, mi regalavano DVD, mi portavano al cinema e mi hanno fatto sentire di avere una seconda famiglia lontano da casa. Non scorderò mai un weekend a casa loro in cui erano venuti degli amici di famiglia e abbiamo fatto una passeggiata nel paese tutti insieme. Ad un certo punto, questo signore amico dei Gaudreault mi consegnò una busta dicendomi che aveva saputo della situazione in Argentina e che voleva aiutarmi in qualche modo. Non ricordo nemmeno esattamente quanti soldi ci fossero dentro, ma ricordo ancora perfettamente quel gesto che è rimasto per sempre in me come l’esempio dell’importanza di aiutare gli altri quando se ne ha la possibilità.

Arrivata l’estate, decisi di non ripartire per l’Argentina, ma di rimanere in zona per lavorare e poter così essere pienamente autonoma. Tramite la mia fantastica coach Pat trovai lavoro come allenatrice personale di pallavolo, baby-sitter, dog-sitter, house-sitter, pittrice di pali che si usano per attaccare i cartelli di vendita delle case e altre piccole altre opportunità. Trovai inoltre la possibilità, insieme ad altre due delle mie compagne di squadra internazionali, di affittare una stanza per i tre mesi estivi e così iniziare la vera vita da adulto indipendente.

Questa mia prima esperienza con dei problemi di una certa rilevanza e lontano da casa mi segnò e mi insegnò che ci saranno sempre problemi da affrontare, soprattutto quando si intraprendono nuovi percorsi, talvolta anche sconosciuti per tanti, ma una cosa che ho capito lì, nell’ormai lontano 2001, è che non bisogna fermarsi finché non si trovano delle soluzioni valide perché ci saranno sempre persone disposte ad aiutare e con cui contare. 

Adesso da adulto e con tanti problemi a cui sono riuscita a trovare delle soluzioni nel tempo, cerco di essere anch'io una di quelle persone a disposizione degli altri per aiutarli, dentro le mie capacità e competenze, a guardare con altri occhi i problemi e trovare soluzioni.

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3 anni 2 mesi ago

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